Tanzi, indagato per il crack Parmalat, è recluso a San Vittore. Arriva il cappellano che gli porta ogni giorno il conforto religioso: “Bene figliolo . Dimmi tutto”. “Ho peccato, padre, ho molto peccato! – gli dice Calisto – Ho imbrogliato, fatto le fotocopie dei soldi, falsificato il bilancio, lasciato sul lastrico i dipendenti…”. “Tutto questo lo sappiamo, figliolo… – risponde il cappellano, sorseggiando un bicchiere di latte. “Si, ma ho anche falsificato il valore della ditta, imbrogliato i giudici, prosciugato i conti della societa’ “. “Tutto questo lo sappiamo – gli dice il cappellano – ma scusa un attimo, devo andare in bagno”. Ed esce per andare alla toilette. Dopo un po’ rientra e invita Calisto a proseguire. “Padre, poi ho anche detto che avevo dei soldi inesistenti alle isole Cayman…”. “Tutto questo lo sappiamo, figliolo. Scusa un attimo…”. Ed il prete esce di nuovo per andare alla toilette. Dopo un po’ rientra. “Padre, poi ho detto che non ci sono piu’ soldi, ma invece li ho nascosti a Malta…”. “Tutto questo lo sappiamo, figliolo. Scusa un attimo…” e esce di nuovo per andare alla toilette. Dopo un po’ rientra e invita Calisto a proseguire. “Poi ho detto che do a Bondi le mie due barche. Ma io in realta’ ne ho quattro!”. “Tutto questo lo sappiamo, figliolo. Ma c’e’ una cosa che non mi hai detto, vero?”. “No padre, le ho detto tutto…”. “No figliolo. Scusa un attimo…”. Ed esce per andare alla toilette. Quando rientra Calisto gli dice: “Si’, Padre, ricordo, ho anche falsificato la data di scadenza delle buste del latte…”. “Appunto!!!”. (Tinmartin)
Tutti i numeri del grande crack Parmalat.
100.000 Risparmiatori coinvolti; 30.000 Risparmiatori costituitisi parte civile; 16 Imputati a Milano, + due persone giuridiche; 6 Banche per cui è stato richiesto il rinvio a giudizio; 72 Indagati a Parma per bancarotta fraudolenta; 14,5 miliardi Debiti accumulati da Parmalat; 26 miliardi Richieste risarcitorie e revocatorie avviate da Bondi; 315 milioni Accordi transattivi conclusi da Enrico Bondi.
Tra investitori, prima del crollo: “Questi titoli scenderanno. L’azienda mi pare in cattive acque”. “Sta’ tranquillo: par malata, ma è sana”.
Father McKenzie
Da anni, molti segni indicavano che non conveniva investire in Parmalat. Se a me che faccio il comico questi segni sembravano così evidenti, come mai non erano evidenti alle banche internazionali, alle società di revisione, agli investitori e ai risparmiatori? Standard & Poor dava un buon rating di Parmalat fino a due settimane prima del crollo. Negli ultimi sei mesi il valore delle azioni di Parmalat era raddoppiato. Deutsche Bank aveva comprato il 5 per cento di Parmalat e l’ha venduto appena prima del crollo. Davvero nessuno sapeva? Dal 2002 ho raccontato nei miei spettacoli i debiti e i falsi di Parmalat a più di centomila persone. Sono figlio di un imprenditore. La mia prima perplessità su Parmalat è sulla strategia industriale più che su quella finanziaria: mi colpisce la sproporzione tra la povertà del prodotto di base – il latte – e la megalomania del progetto e delle spese pubblicitarie di Calisto Tanzi.
Beppe Grillo 2004
Se la situazione reale della Parmalat e dello stato italiano non è all’altezza delle apparenze e della propaganda, la situazione dell’economia e delle società italiane – lo dico con tristezza e rabbia – non è migliore. Purtroppo la realtà dell’Italia non è all’altezza dell’immagine che la Ferrari e Armani diffondono nel mondo. L’Italia è in declino rapido, è un paese al crepuscolo. E’ per questo che il mio spettacolo si chiama Blackout e io entro in scena in una sala al buio, con in mano un candelabro. Faccio l’attore comico, il declino dell’Italia lo percepisco principalmente con gli occhi e le orecchie: vedo la pubblicità e la volgarità dilagare ovunque nel paesaggio, nei mezzi d’informazione, nella vita quotidiana. Dove prima c’erano capannoni industriali, oggi ci sono lunghe file di cartelloni pubblicitari; ritraggono spesso merci che una volta erano prodotte in quei luoghi ma oggi sono importate. Vedo il degrado dell’ambiente e della grandi città, sento il traffico e il rumore aumentare ovunque. Sento la gente: avvilimento, mancanza di prospettive, ignoranza e disinteresse per ciò che succede nel resto del mondo, egoismo, cattiveria e volgarità crescenti, chiusura nei propri affari e nella famiglia, declino del senso civico e della solidarietà.
Beppe Grillo 2004
Ai pochi stranieri che volessero ancora investire in Italia e ai molti italiani che volesse votare di nuovo per il sistema Fininvest-Forza Italia consiglio due piccoli libri: “Il mondo in cifre 2004”, una sintetica raccolta di statistiche internazionali curata dall’Economist (e pubblicata da Internazionale) e “Il declino dell’Italia”, un inquietante libro del giornalista economico Roberto Petrini (Laterza). Spendendo meno di trenta euro in questi due libretti, chi si volesse documentare sul crepuscolo italiano può forse schivare ulteriori guai e investimenti sbagliati.
Se parlo di crepuscolo dell’Italia, non mi baso solo sulle mie impressioni del presente, ma anche sugli indicatori che ci segnalano il futuro del paese. E questi indicatori mettono tristezza. L’Italia sta diventando un ex paese industriale che ha smantellato o sta smantellando buona parte della sua industria, una volta ben piazzata nel mondo: chimica, farmaceutica, informatica, elettronica, aeronautica, forse presto anche automobilistica.
Beppe Grillo 2004
Se osserviamo la posizione dell’Italia in alcune classifiche internazionali può sembrare quella di un paese fortunato: settimo pil al mondo, quarto posto tra i grandi paesi per numero di automobili e di telefonini per abitante. Ma se analizziamo gli indicatori che danno un’immagine più completa dell’Italia e soprattutto delle sue opportunità per il futuro, allora siamo al crepuscolo.
In una ventina dei principali indicatori internazionali che delineano il futuro e la dinamica di un paese, l’Italia si trova tra il ventesimo e il quarantesimo posto. Gli stati che più spesso ci accompagnano in queste classifiche sono paesi in via di sviluppo (Colombia, Namibia, Sri Lanka, Cina, Brasile), paesi dell’Europa dell’est in transizione (Slovenia, Estonia, Slovacchia) o nel migliore dei casi i meno sviluppati tra i paesi europei (Spagna, Portogallo, Grecia). La differenza preoccupante tra l’Italia e questi paesi è che loro da anni stanno salendo nelle classifiche internazionali, noi invece stiamo scendendo. Ogni anno ci incontriamo con loro sui pianerottoli della scala internazionale: li vediamo salire e noi scendiamo di un’altra rampa.
Beppe Grillo 2004
E’ incredibile la profondità del declino italiano. Nel Rinascimento siamo stati un faro della cultura, della scienza, dell’innovazione e della finanza in Europa. Nella musica e nella tecnica bancaria ancora oggi molti termini tecnici in tedesco e in inglese sono parole italiane (sonata, adagio, fortissimo oppure aggio, incasso, sconto, lombard) a testimonianza dei secoli in cui eravamo il paese di riferimento in quei campi. Più tardi abbiamo inventato l’elicottero, l’aliscafo, il batiscafo, il telefono, la radio. Oggi però non inventiamo quasi niente, l’Italia ha meno premi Nobel del solo Politecnico di Zurigo, il nostro export si basa su prodotti di bassa tecnologia che presto vedranno la concorrenza dei paesi emergenti, mentre nei prodotti ad alta tecnologia non possiamo competere con le nazioni più avanzate.
I nostri manager in compenso vogliono orientarsi per i loro stipendi agli Stati Uniti e per quelli dei loro dipendenti alla Bulgaria o alla Cina. Il numero dei laureati italiani che lavorano all’estero è sette volte maggiore del numero dei laureati stranieri che lavorano in Italia. Per decenni buona parte della grande industria e dell’export italiano hanno prosperato grazie alla benevolenza dello stato e dei partiti e alle periodiche svalutazioni della lira. Oggi che questo non è più possibile, il declino italiano si accelera. Paghiamo il prezzo delle modernizzazioni che non abbiamo fatto negli ultimi anni.
Beppe Grillo 2004
Al crepuscolo industriale, tecnologico e culturale dell’Italia si aggiunge il declino sociale con un rapido aumento della ricchezza dei ricchi e l’estensione e l’approfondimento della povertà. Nella disuguaglianza dei redditi abbiamo superato perfino gli Stati Uniti: in un decennio (1991-2001) il 20 per cento degli italiani è diventato più ricco, l’80 per cento più povero.
Il reddito del decimo di italiani più ricchi è cresciuto del 12 per cento, mentre il reddito del decimo di italiani più poveri è sceso del 22 per cento. Otto milioni di italiani vivono sotto la soglia di povertà e altri quattro milioni vivono appena sopra. Molti di questi poveri e quasi poveri hanno un lavoro o due o tre, ma non gli bastano per vivere decentemente.
Lo stipendio medio di un tranviere a Zurigo (5500 franchi) è quasi il triplo di quello di un tranviere di Milano, ma il costo della vita e dei biglietti del tram a Zurigo è solo il 50 per cento più alto che a Milano. Stipendi reali sempre più bassi e lavori sempre più precari fanno crescere la conflittualità selvaggia – come quella dei guidatori di tram e autobus – che frena ulteriormente la qualità della vita e lo sviluppo del paese.
Beppe Grillo 2004